Come ogni inizio anno si tirano le somme sui Programmi di sviluppo rurale, i Psr: nel corso del 2014 sono stati erogati contributi superiori a 2,6 miliardi di euro, di cui circa 1,34 miliardi messi a disposizione dall’Unione europea.

Un bel po’ di soldi, non c’è dubbio, e in cima alla classifica della spesa si confermano le Regioni del Centro Nord, in particolare la Provincia autonoma di Bolzano (con il 94,6% della spesa realizzata), seguita dalla Lombardia (con il 90,7%), mentre le rimanenti Regioni del Centro Nord

raggiungono una percentuale di spesa compresa tra il 75 e l’86%. Per le Regioni del Sud la percentuale di spesa rimane inferiore alla media nazionale ma solo una Regione non ha raggiunto gli obiettivi minimi (la Basilicata, che non ha raggiunto la spesa necessaria, inferiore di circa 18,3 milioni di euro alla quota minima stabilita dai regolamenti comunitari).

Fino a qui niente di nuovo, ogni anno infatti ci sono Regioni «prime della classe» nello spendere i fondi e altre che invece sono meno brave (ricordiamo che l’Ue applica penalizzazioni nel caso non si spendano i soldi stanziati).

Queste settimane sono particolarmente «calde» e caratterizzate anche da una polemica che scalda ulteriormente gli animi: lo scorso novembre è arrivata dalla Commissione europea una doccia gelata assolutamente inaspettata. Bruxelles ha comunicato di aver ricevuto una richiesta da parte del Governo italiano per concedere una delibera definitiva in un’unica circostanza a tutti i Psr di tutte le Regioni per giugno 2015.

Il primo ad indignarsi è stato l’assessore lombardo Gianni Fava, che anche in questi giorni sta sollecitando il Mipaaf «a desistere dall’idea scellerata di ottenere un via libera dei Programmi di sviluppo rurale di tutte le Regioni alla fine di giugno, ma di fare pressioni su Bruxelles affinché la Lombardia, che per prima ha depositato il Psr, possa avviare i primi atti concreti a beneficio delle imprese agricole».

Già a fine novembre scorso, però, il ministro Maurizio Martina ha risposto dicendo che «un’omologazione sui tempi di accettazione dei vari programmi di sviluppo rurale non ha senso. Fintanto che ci sono io al ministero si fa così – ha aggiunto – non ho altri argomenti da aggiungere, è un’operazione di buonsenso e impegnerà tutte le strutture perché sia così».

C’è qualcosa che non torna, questa polemica ha assunto toni da “spy story”: secondo alcune agenzie di stampa infatti la Commissione europea non avrebbe ricevuto nessuna richiesta dal Governo in tal senso.

Il problema è che altre Regioni sono decisamente indietro. L’assessore regionale all’agricoltura del Friuli Venezia Giulia, ha detto che l’apertura dei Bandi potrebbe essere effettuata (con qualche mese di ritardo), nell’autunno 2015, ma anche Veneto ed Emilia Romagna non sono messe bene.

Non c’è dubbio che la decisione di fare partire tutte assieme le Regioni (anche dopo giugno) non aiuterebbe nessuno, anzi danneggerebbe chi è già pronto. È essenziale infatti «che i nuovi Programmi di sviluppo rurale 2014-2020 possano vedere la luce al più presto e consentire alle imprese agricole italiane di beneficiare dei relativi interventi già a partire da questa campagna», parole del ministro delle Politiche Agricole Maurizio Martina, vedremo come andrà a finire…

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